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L'ATTRIBUZIONE ESCLUSIVA E DEFINITIVA DEI POSTI AUTO IN CONDOMINIO NON PUÒ ESSERE PREVISTA NÉ DALL'ASSEMBLEA, NÉ DAL REGOLAMENTO CONDOMINIALE
La fattispecie oggetto di odierna disamina può così riassumersi. Un condòmino, proprietario di un locale commerciale, impugnava innanzi al Tribunale di Teramo due delibere assembleari atteso che l’assemblea aveva stabilito l'assegnazione individuale e nominativa dei posti auto compresi nell'area del condominio adibita a parcheggio, alla stregua del regolamento condominiale, in favore dei soli trentacinque condòmini proprietari delle unità abitative dell'edificio, escludendo, per l’effetto, dal godimento dell'area i condòmini proprietari dei locali commerciali. Sta di fatto che sia il tribunale di Teramo in primo grado, sia la Corte d’Appello di L’Aquila adita in secondo grado, ritenevano infondata la doglianza avanzata da parte attrice. Il condomino riteneva in fine di proporre ricorso in Cassazione, deducendo l'illegittimità delle deliberazioni assembleari impugnate, evidenziando, all’uopo, come l'attribuzione dell'uso esclusivo ai 35 condòmini assegnatari del posto auto avrebbe posto i presupposti dell'acquisto per usucapione della porzione.
Data:17 Maggio 2022
LA CANCELLAZIONE DAL REGISTRO DELLE IMPRESE DELLA SOCIETÀ ALLA QUALE SI CONTESTI – NELLE MORE DI UN PROCESSO PENALE PENDENTE ANCHE NEI CONFRONTI DI PERSONE FISICHE IMPUTATE DI LESIONI COLPOSE – UNA VIOLAZIONE DELLA DISCIPLINA ANTINFORTUNISTICA IN RELAZIONE AL REATO EX ART. 590 C.P., NON DETERMINA L’ESTINZIONE DELL’ILLECITO ALLA STESSA ADDEBITATO
La questione su cui è stata chiamata a pronunciarsi la Suprema Corte riguarda il caso di un dipendente di una S.r.l., il quale, durante l'orario di lavoro, cadeva da un'altezza superiore ai 3 metri, riportando plurime fratture. A seguito dell’evento venivano rinviati a giudizio sia i legali rappresentanti della società per il reato di cui all'art. 590 c.p. – per aver omesso di dotare il lavoratore di idonee attrezzature di sicurezza -; che il medesimo ente, per l'illecito di cui all'art. 25 septies D.lgs. 231/2001, in relazione al reato di lesioni colpose. Successivamente, i legali rappresentanti della società restavano soccombenti in entrambi i gradi di giudizio, di tal che decidevano di proporre apposito gravame innanzi alla Corte di Cassazione, lamentando la mancata pronuncia di estinzione dell'illecito, atteso che, nelle more, era intervenuta la cancellazione della suddetta società dal registro delle imprese, equiparabile alla morte fisica della persona. Ciò posto, il Procuratore Generale chiedeva l'annullamento della sentenza, limitatamente alla conferma della condanna della società, richiamando un precedente orientamento giurisprudenziale reso dal Supremo Consesso, ovvero la sentenza n. 41082 del 10-09-2019.
Data:26 Aprile 2022
REATI EDILIZI – ATTRIBUZIONI DEL GIUDICE DELL’ESECUZIONE E POTERE SUSSIDIARIO DI INTERVENTO DEL PREFETTO
Con la sentenza n. 46194/2021, la Corte di Cassazione Penale si pronuncia in materia di reati edilizi. Nel caso che ci occupa, la Corte - rigettando il ricorso proposto avverso l’ordinanza con cui il Giudice dell’esecuzione aveva dichiarato inammissibile l’istanza proposta da due parti al fine di ottenere la revoca dell’ordine di demolizione impartito nei loro confronti con sentenza irrevocabile di condanna - precisa che la modifica apportata all’art. 41, d.p.r. n. 380/2001 dal d.l. n. 76/2020, convertito con modificazioni dalla l. n. 120/2020, non ha inciso sulle attribuzioni del Giudice dell’esecuzione di sospendere e/o revocare l’ordine di demolizione delle opere abusive impartito con la sentenza di condanna. Più nel dettaglio, la richiamata normativa, - lungi dal sottrarre alcun potere al Giudice dell’esecuzione -, ha solamente disciplinato il potere di intervento sussidiario del Prefetto nella esecuzione della demolizione accertata in caso di inerzia dei comuni competenti, ovvero mancato avvio delle procedure di demolizione entro 180 giorni dall’accertamento dell’abuso. L’intervento del Prefetto rimane, quindi, un rimedio ulteriore, soggetto a determinati limiti, volto a fronteggiare l’eccessivo carico di lavoro incombente sull’ente comunale.
Data:12 Aprile 2022
È LEGITTIMA L’INSTALLAZIONE DELLA TELECAMERA DI VIDEOSORVEGLIANZA PER ESIGENZE DI CUSTODIA DEL LOCALE COMMERCIALE, PUR SENZA LA PREVIA AUTORIZZAZIONE DELL'ASSEMBLEA CONDOMINIALE
Il caso all’attenzione della Corte di Appello che ha emesso la pronuncia in commento prende spunto dalla sentenza di rigetto di primo grado della domanda proposta da alcuni condòmini e avente ad oggetto il diritto di apporre telecamere finalizzate alla vigilanza dei beni e all'accesso delle proprie botteghe, senza autorizzazione del condominio. Avverso detta sentenza veniva proposto il relativo gravame, sulla scorta della circostanza per cui gli appellanti denunciavano l’erroneità della sentenza impugnata, evidenziando la mancanza di violazione del Codice in materia di protezione dei dati personali e dell'art. 1122 ter del codice civile. Ciò posto, la S.C. catanese ha ritenuto come l'installazione delle telecamere non determini la violazione di un diritto fondamentale dei condòmini e come, nel caso di specie, non possa trovare applicazione l'articolo 1122 ter c.c., in quanto non viene preso in considerazione un impianto di videosorveglianza condominiale, posto a salvaguardia di parti comuni, bensì di proprietà esclusiva e posto a tutela di beni di proprietà del singolo condomino. Invero, si evidenzia come le botteghe dove sono state installate le due telecamere siano tutte posizionate su un lato dell'edificio, dotate di un ingresso autonomo e situate in posizione decentrata e distinta rispetto agli ingressi delle altre unità condominiali.
Data:15 Marzo 2022
L’ALLOCAZIONE DEI CONDIZIONATORI SULLA FACCIATA DELLO STABILE CONDOMINIALE È LESIVA DEL DECORO ARCHITETTONICO DELL’EDIFICIO ANCHE QUANDO VIENE INSTALLATA IN UNA POSIZIONE FISICAMENTE DIVERSA DA QUELLA STABILITA NEL REGOLAMENTO CONDOMINIALE
Nella pronuncia oggetto di disamina la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi su una delle questioni più dibattute nelle controversie condominiali, ossia quelle aventi ad oggetto la valutazione della liceità o meno dell’allocazione di condizionatori. Nel caso di specie era accaduto che il giudice di primo grado aveva rigettato tutte le domande con le quali il proprietario di un appartamento posto al secondo piano di un edificio condominiale sito, aveva chiesto di accertare che la condotta della società esercente attività di ristorazione posta al piano terra del fabbricato lo esponeva ad intollerabili immissioni rumorose. L'attore chiedeva anche di condannare la predetta società a ripristinare lo stato dei luoghi e a risarcirlo dei danni subiti, previo accertamento delle opere realizzate, consistenti nell'apertura di una porta, nella apposizione di una tenda, di due voluminose insegne luminose, di vetrine e di fari, oltre che di apparecchi condizionatori, opere tutte che recavano pregiudizio al decoro architettonico dell'edificio e che erano state realizzate in assenza delle prescritte autorizzazioni amministrative e in violazione della normativa regolamentare.
Data:22 Febbraio 2022
I SERVIZI COMUNI DI ACQUA E RISCALDAMENTO NON SONO INTANGIBILI, DI TAL CHE È LEGITTIMA LA SOSPENSIONE DEI DETTI SERVIZI AL CONDOMINO MOROSO
Nella pronuncia in commento il tribunale umbro è stato chiamato a pronunciarsi sulla questione relativa ad un condomino moroso nel pagamento delle quote del riscaldamento per un’intera gestione e nello specifico sulla legittimazione dell’amministratore di condominio di poter immediatamente sospendere i servizi di erogazione dell’acqua e di fruizione del servizio di riscaldamento. Nel caso in esame accadeva che l’Amministratore condominiale aveva provveduto a documentare la circostanza per cui il resistente si fosse reso moroso nel pagamento di una consistente quota di contributi condominiali, al punto che, in seguito alla richiesta ed emissione di due decreti ingiuntivi regolarmente notificati al condomino moroso, aveva persino dato corso anche ad una procedura esecutiva di pignoramento presso terzi.
Data:8 Febbraio 2022
IL MANDATO DELL’AMMINISTRATORE CONDOMINIALE DECADE EX LEGE ALLA SCADENZA DEL TERMINE ANNUALE, CON LA CONSEGUENZA CHE NON SI PUÒ REVOCARE GIUDIZIALMENTE UN AMMINISTRATORE NON PIÙ IN CARICA, MA SI PUÒ AGIRE SOLO PER LA NOMINA GIUDIZIALE DI UN NUOVO AMMINISTRATORE
Il caso oggetto della ordinanza in commento, resa dalla Corte di Appello di Lecce, riguarda il regime di prorogatio degli amministratori di condominio e, più nello specifico, i meccanismi che devono essere rispettati per la nomina del sostituto. In particolare, nel caso di specie alcuni condomini avevano richiesto con ricorso al Tribunale di Brindisi la revoca dell’amministratore condominiale e la nomina di un suo sostituto. All’uopo i condomini avevano sostenuto che da circa due anni l’amministratore non provvedeva a convocare l’assemblea condominiale e, che il suo mandato era scaduto senza che questi avesse provveduto a convocare l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore.
Data:25 Gennaio 2022
PROPRIETÀ DEL SOTTOTETTO NEL CONDOMINIO – CARATTERISTICHE STRUTTURALI E FUNZIONALI DEL SOTTOTETTO E LA CONSEGUENTE VALUTAZIONE CIRCA LA SUSCETTIBILITÀ DI UTILIZZO SEPARATO – DETERMINAZIONE DEI DANNI DERIVANTI DA LAVORI EFFETTUATI DAL SINGOLO SUL SOTTOTETTO
Nel caso che ci occupa, un condomino citava in giudizio i proprietari dell’appartamento ubicato all’ultimo piano dello stabile condominiale per l’accertamento della natura condominiale del sottotetto trasformato dai medesimi in locale abitale, con contestuale richiesta di risarcimento dei danni patiti e patiendi in conseguenza della predette opere. I convenuti rivendicavano la proprietà esclusiva del sottotetto, in quanto pertinenza del proprio appartamento. Il Tribunale respingeva la domanda attorea e l’attore proponeva appello. La Corte, in parziale accoglimento dello spiegato appello, pur confermando la proprietà esclusiva del sottotetto in capo ai convenuti, - in quanto lo stesso non era suscettibile di utilizzazione separata, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, già prima dei lavori posti in essere dai convenuti e, di conseguenza, non poteva presumersi neanche la sua condominialità ex art. 1117 c.c. -, tuttavia, riteneva che la trasformazione edilizia del sottotetto eseguita dai medesimi, avesse causato danni sia alle parti condominiali, sia alla proprietà esclusiva dell’attore e, per l’effetto, condannava gli appellati al risarcimento dei danni patiti dall’appellante. Avverso la predetta sentenza gli appellati proponevano ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, di cui il primo e il terzo, concernenti la mancata motivazione in ordine alla quantificazione dei danni e, il secondo, la mancata corrispondenza tra la domanda e la pronuncia della Corte.
Data:18 Gennaio 2022
IL CONDOMINO, PROPRIETARIO DEL PIANO SOTTOSTANTE AL TETTO COMUNE DELL'EDIFICIO, PUÒ TRASFORMARLO IN TERRAZZA DI PROPRIO USO ESCLUSIVO, SEMPRE CHE UN TALE INTERVENTO DIA LUOGO A MODIFICHE NON SIGNIFICATIVE DELLA CONSISTENZA DEL BENE, IN RAPPORTO ALLA SUA ESTENSIONE, E SIA ATTUATO CON TECNICHE COSTRUTTIVE TALI DA NON AFFIEVOLIRE LA FUNZIONE DI COPERTURA E PROTEZIONE DELLE SOTTOSTANTI STRUTTURE SVOLTA DAL TETTO PREESISTENTE
Nella pronuncia in esame la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi su una pluralità di questioni derivanti dalla compravendita di un immobile posto in un condominio ed in particolare con riferimento alla problematica derivante dalla rimozione di un torrino in muratura realizzato sulla terrazza dell'edificio condominiale, torrino consistente in una scala a chiocciola interna che consentiva l'accesso diretto alla terrazza dall'appartamento di proprietà di un condomino. Nel caso di specie per il Tribunale, il medesimo torrino cagionava un mutamento materiale della struttura della terrazza condominiale, imponendo su di essa una servitù a vantaggio della proprietà esclusiva sottostante, senza che vi fosse il necessario consenso di tutti i condomini. Il Giudice d’appello, invece, aveva affermato che il torrino, per le sue dimensioni, rendeva una parte non trascurabile della terrazza totalmente inutilizzabile dagli altri condomini, attraendo la stessa nella sfera di esclusiva disponibilità della condomina.
Data:11 Gennaio 2022
LA VIOLAZIONE DELL’OBBLIGO DI RENDICONTAZIONE DELL'AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO NON DETERMINA IL VENIR MENO DEL SUO DIRITTO AL PAGAMENTO DEL COMPENSO PATTUITO
Nella controversia in esame è accaduto che il Condominio proponeva opposizione al decreto ingiuntivo ed il Giudice di Pace lo revocava, ritenendo che all'amministratore non spettasse il compenso in quanto risultava provata la violazione da parte dello stesso degli obblighi di cui agli artt. 1375 comma 1 c.c., 1710 comma 1 c.c., 1713 c.c. e 1718 comma 1 c.c.. Nello specifico, il Giudice di prime cure escludeva il diritto al compenso dell'amministratore poiché si era reso inadempiente per non aver restituito la documentazione di proprietà del Condominio e per non aver fornito il rendiconto chiaro ed intellegibile della sua gestione. Avverso la sentenza del Giudice di Pace, l'amministratore di Condominio proponeva appello innanzi al Tribunale di Reggio Calabria, chiedendo la riforma della sentenza impugnata e la condanna dell'opponente al pagamento del compenso per l'attività di gestione prestata. Si costituiva in giudizio il Condominio, eccependo l'inammissibilità dell'appello per violazione dell'art. 342 c.p.c. e nel merito la sua infondatezza.
Data:21 Dicembre 2021
IL RICORSO AL CRITERIO DELLE VACAZIONI PER LA DETERMINAZIONE DEL COMPENSO SPETTANTE AL CTU È CONSENTITO QUANDO NON SIA POSSIBILE APPLICARE IL CRITERIO DEL “VALORE DELLA CONTROVERSIA” E, QUINDI, DETERMINARE GLI ONORARI “A PERCENTUALE“: LA CAUSA VA CONSIDERATA DI VALORE INDETERMINABILE QUANDO AL MOMENTO DELL’INTRODUZIONE DEL GIUDIZIO NON SIANO DISPONIBILI ELEMENTI CHE RENDANO POSSIBILE UNA VALUTAZIONE ECONOMICA DELLA STESSA
La sentenza oggetto di disamina prende spunto da una controversia instaurata in seguito alla notifica dell’intimazione di uno sfratto per morosità con contestuale citazione per la convalida nei confronti di una conduttrice di un immobile sito in Lucca. A seguito della costituzione in giudizio della conduttrice, che si opponeva alla convalida, il Giudice disponeva CTU diretta ad accertare lo stato dei luoghi ed in particolare l’eventuale sussistenza di infiltrazioni di acqua piovana, e la verifica della possibilità della loro eliminazione oltre che degli eventuali danni subiti dalla conduttrice stessa. A seguito dell’incarico conferito, il CTU procedeva al deposito della relazione finale con allegata la nota per la liquidazione dei compensi, calcolati con il criterio delle vacazioni indicate sul presupposto della indeterminabilità del valore della controversia, nonché richiedendo un aumento del compenso nella misura del 50% "sulla base del mandato ricevuto, della complessità e difficoltà operative della perizia svolta e del lasso temporale durante il quale si sono svolte le operazioni peritali, ed un ulteriore compenso per "rilievi planimetrici e altimetrici" che avrebbe eseguito all'esterno dell'edificio.
Data:15 Dicembre 2021
IL DIRITTO DI VEDUTA DEL VICINO È COMPROMESSO ILLEGITTIMAMENTE SOLO ALLORCHÉ LA TENDA DA SOLE RIDUCA L'ARIA E LA LUCE DI CUI GODEVA IN PRECEDENZA L'IMMOBILE E QUESTO IN BASE ALLA PROVA RIGOROSA DA FORNIRSI DALLA PARTE ATTRICE
La pronuncia oggetto di disamina è della giurisprudenza di merito e riguarda il caso, non infrequente, della posa in opera di tende da sole all’interno di fabbricati condominiali che compromettono la vista a favore di proprietari di appartamenti latistanti o adiacenti. In particolare, nel caso di specie il Tribunale di Roma si è occupato del caso di un proprietario che non tollerava che il proprio vicino avesse eretto una tenda in adiacenza al proprio appartamento. L’azione giudiziaria nasceva in seguito alla realizzazione di una struttura in legno, con tenda annessa, in posizione sovrastante il muro divisorio tra i due terrazzi adiacenti. Nello specifico, secondo la tesi dell’attore, questo manufatto doveva essere considerato a tutti gli effetti di legge come una costruzione, di tal che la sua realizzazione contrastava con il divieto di costruire ad una distanza inferiore di 3 metri dal confine. Ciò danneggiava il diritto di veduta dell’attore e sottraeva aria e luce al suo terrazzo, di tal che veniva chiesta la rimozione del detto manufatto oltre al ristoro dei danni morali derivanti dal contraccolpo psicologico derivante dalla presa visione di tale struttura nuova. Il Giudice romano, al fine di dipanare la questione, ha fatto innanzitutto richiamo all'art. 907 c.c. che si occupa di “distanza delle costruzioni dalle vedute” e vieta di costruire a distanza inferiore di tre metri dalle vedute dirette aperte sulla costruzione del fondo vicino.
Data:7 Dicembre 2021
Modulo unificato CILA-Superbonus
Il modulo unificato CILA-Superbonus, costituente la nuova comunicazione asseverata di inizio attività è stato adottato il 4 agosto 2021 dalla Conferenza Unificata con l’obiettivo di accelerare la procedura che è necessario adempiere per accedere al Superbonus 110%. Obiettivo pubblicizzato ovunque nella presentazione di questo nuovo documento pensato in corsa dopo circa un anno dall’approvazione della misura del Superbonus 110% è stato quello della massima semplicità.
Data:3 Dicembre 2021
L'ASSOGGETTAMENTO DI UNA STRADA PRIVATA A SERVITÙ DI USO PUBBLICO, IN RELAZIONE ALL'INTERESSE DELLA COLLETTIVITÀ DI GODERNE QUALE COLLEGAMENTO TRA DUE VIE PUBBLICHE, NON COMPORTA LA FACOLTÀ DEI PROPRIETARI FRONTISTI DI APRIRVI ACCESSI DIRETTI DAI LORO FONDI QUANDO IL RELATIVO INTERVENTO IMPLICHI UN'UTILIZZAZIONE DI ESSA PIÙ INTENSA E DIVERSA, NON RICONDUCIBILE AL CONTENUTO DELLA STESSA, CON CIÒ ESCLUDENDOSI L'APPLICABILITÀ DELL'ART. 825 C.C.
Nella sentenza in commento la Suprema Corte si occupa di una questione relativa alla regolamentazione dei rapporti tra proprietari frontisti relativamente alla configurabilità della facoltà di aprire accessi diretti dai loro fondi quando l’intervento dovesse comportare un’utilizzazione di essa più intensa e diversa. La questione controversa prende le mosse dall’azione promosso in primo grado da un Condominio che aveva lamentato la violazione del regolamento condominiale e l'illegittimità della modificazione di alcune parti comuni dello stabile. A seguito della richiesta cautelare, il giudice adito emetteva ordinanza (confermata anche a seguito di reclamo) di sospensione dei lavori in corso di esecuzione ad opera della società costruttrice relativi alla trasformazione del piano terreno, adibito a palestra, in autorimesse, per effetto della quale si era venuta a verificare l'inutilizzabilità come parcheggio dell'area stradale posta in corrispondenza degli ingressi con perdita della possibilità del parcheggio per sei autovetture nella strada privata di proprietà dei condomini di vari stabili, tra cui quelli del ricorrente.
Data:23 Novembre 2021
IN TEMA DI CONDOMINIO L’OBBLIGO DI CONTRIBUIRE ALLE SPESE DEV’ESSERE FONDATO SULL’UTILITÀ CHE AD OGNI SINGOLA PROPRIETÀ ESCLUSIVA PUÒ DERIVARE DALLA COSA COMUNE, SICCHÉ SE LA COSA OGGETTO DELL’INTERVENTO NON PUÒ SERVIRE AD UNO O PIÙ CONDOMINI NON VI È OBBLIGO DI CONTRIBUIRE ALLE SPESE
La sentenza oggetto di disamina si occupa del problema relativo alla ripartizione delle spese condominiali quando le stesse si riferiscano a singole proprietà esclusive senza comportare alcun vantaggio agli altri condomini. Il caso specifico sottoposto all’attenzione della Suprema corte riguardava dei lavori di adeguamento alla normativa antincendi di autorimesse interrate di proprietà esclusiva e dei relativi spazi di manovra. In particolare, la Corte di Appello di Milano con la sentenza oggetto di impugnazione aveva affermato che i lavori di adeguamento, pur avendo apportato importanti modifiche ai piani interrati e seminterrati, ove erano ubicati i boxes, non costituivano innovazioni ai sensi dell'art. 1120 c.c. in quanto non avevano modificato la cosa comune o mutato la sua destinazione, ma ne avevano potenziato il godimento rendendola più sicura. Gli interventi di adeguamento avevano interessato l'agibilità delle autorimesse, la centrale termica ed il locale Enel presenti nel piano seminterrato ed interrato apportando, sempre secondo la pronuncia della corte di merito, un'utilità generale a tutti i condomini e non solo alle proprietà private. Il Giudice di II° grado aveva quindi escluso l'applicabilità dell'art. 1121 c.c., che esonera i condomini che non hanno tratto vantaggio dalle opere, di contribuire alle spese solo quando abbiano carattere gravoso o voluttuario e consistano in opere, impianti e manufatti suscettibili di utilizzazione separata mentre, nella fattispecie, i lavori relativi alla centrale termica ed al locale ENEL, apportavano beneficio a tutti i condomini.
Data:16 Novembre 2021
È NULLA LA CLAUSOLA DI RISERVA SU PARTI COMUNI DELLO STABILE IN CONSIDERAZIONE DEL PRINCIPIO DI CONDOMINIALITÀ NECESSARIA O FUNZIONALE
Nella sentenza oggetto di esame la Suprema Corte ha avuto modo di affermare il principio per cui la cessione delle singole unità immobiliari separatamente dal diritto sulle cose comuni, vietata ai sensi dell’art. 1118 c.c., è esclusa soltanto quanto le cose comuni e i piani o le porzioni di piano di proprietà esclusiva siano, per effetto di incorporazione fisica, indissolubilmente legate le une alle altre (cd. condominialità “necessaria” o “strutturale”) oppure nel caso in cui, pur essendo suscettibili di separazione senza pregiudizio reciproco, esista tra di essi un vincolo di destinazione che sia caratterizzato da indivisibilità per essere i beni condominiali essenziali per l’esistenza delle proprietà esclusive, laddove, qualora i primi siano semplicemente funzionali all’uso e al godimento delle singole unità (cd. condominialità “funzionale), queste ultime possono essere cedute anche separatamente dal diritto di condominio sui beni comuni.” La controversia prendeva avvio in seguito alla presentazione di una domanda di declaratoria di nullità, avanzata dinanzi al Tribunale di Udine, da una clausola contenuta all’interno di un contratto di compravendita immobiliare, in cui il venditore aveva escluso dall’alienazione il 50% della quota del cortile e della centrale termica.
Data:2 Novembre 2021
LA STRUTTURA TARIFFARIA PER LA DISTRIBUZIONE DI GAS DIVERSI DAL NATURALE A MEZZO DI RETI CANALIZZATE PREVEDE UN SISTEMA FONDATO SOLTANTO SULLA TARIFFA DI RIFERIMENTO FISSATA PER CIASCUNA IMPRESA DISTRIBUTRICE E SU UN'OPZIONE TARIFFARIA, ANCH'ESSA STABILITA PER SINGOLA IMPRESA DISTRIBUTRICE, EVENTUALMENTE DIFFERENZIATA SU BASE REGIONALE
La controversia oggetto di disamina prende spunto dall’impugnazione proposta avverso la sentenza n. 602 del 2019 del Tar Lombardia, sede di Milano, che aveva rigettato l’originario gravame, proposto dalla medesima parte istante, al fine di ottenere l'annullamento della nota dell’Autorità per l'Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico (Direzione Infrastrutture Energia e Unbundling dell'AEEGSI, n. 0026024-02 del 2 agosto 2017) che ha archiviato la segnalazione con la quale la ricorrente ha indicato le gravi alterazioni del mercato del gas naturale che interesserebbero la Regione Sardegna chiedendo un intervento regolamentare dell’Autorità. La stessa appellante, ricostruendo in fatto e nei documenti la vicenda, nel riproporre le censure di prime cure e contestare le argomentazioni della sentenza impugnata, contestava l’error in iudicando, non avendo il giudice di prime cure rilevato violazione e falsa applicazione dell’art. 23, comma 4, del decreto n. 164/2000, della direttiva 2014/94/ue, nonché dell’art. 1 della L. n. 481 del 1995, difetto di motivazione e carenza di istruttoria, eccesso di potere, contraddittorietà estrinseca, travisamento dei fatti, illogicità manifesta.
Data:25 Ottobre 2021
È POSSIBILE PROCEDERE ALLA COMPENSAZIONE DELLE SPESE DI CTU ANCHE IN PRESENZA DI UNA PARTE TOTALMENTE VITTORIOSA, TRATTANDOSI DI COSTI SUSCETTIBILI DI REGOLAMENTO EX ARTT. 91 E 92 C.P.C.
Nella vicenda oggetto di disamina, la Corte di Appello di Torino, in sede di gravame ed espletata CTU, ha accolto parzialmente la domanda di P. e rideterminato il saldo del conto a debito del correntista nella minor somma di Euro 13.006,32. Tra le motivazioni poste alla base della sua pronuncia, la Corte di appello torinese ha affermato di avere tenuto conto della prevalente soccombenza dell'appellante, del comportamento processuale di P. - che aveva insistito nelle domande anche dopo l'espletamento della CTU - della natura e della complessità della controversia, assumendo quale parametro quello dell'importo complessivo medio. In conclusione, dunque, la Corte ha posto le spese di lite a carico dell'appellante P. nella misura di tre quarti, con compensazione del restante quarto, per entrambi i gradi di giudizio; quanto alla liquidazione, ha confermato quella compiuta in primo grado ed ha liquidato le spese di secondo grado per l'intero in Euro 13.635,00, oltre accessori. Da ultimo, ha posto le spese di CTU per tre quarti a carico dell'appellante e per un quarto a carico della banca appellata.
Data:5 Ottobre 2021
IN MATERIA DI INCENTIVI PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI APPARTIENE AL GIUDICE ORDINARIO LA CONTROVERSIA TRA IL GESTORE DEL SERVIZIO ENERGETICO E IL SOGGETTO PRIVATO PRODUTTORE DI ENERGIE RINNOVABILI, OGNI QUAL VOLTA LA MATERIA DEL CONTENDERE NON RIGUARDI LE TARIFFE, NÈ LA MATERIA DELLA LORO QUANTIFICAZIONE, NÈ LA CONCESSIONE DEGLI INCENTIVI, MA SOLTANTO L'INADEMPIMENTO CONTRATTUALE
La questione oggetto di disamina riguarda una questione di giurisdizione insorta a seguito dell’emissione di un decreto ingiuntivo notificato al GSE ed avente ad oggetto il riconoscimento del contributo incentivante derivante dalla produzione di energia elettrica nonché corrispettivi mai corrisposti. GSE si costituiva, eccependo in primo luogo il difetto di giurisdizione del giudice adito, sostenendo che la controversia avesse ad oggetto la misura degli incentivi destinati alla produzione di energia fotovoltaica, materia rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. o) cod. proc. amm. (in quanto attinente a procedure o provvedimenti amministrativi concernenti la produzione di energia); quindi, avendo interesse a che la questione di giurisdizione venisse risolta in via definitiva, proponeva ricorso ex art. 41 c.p.c.. La Suprema Corte, a Sezioni Unite, ha avuto modo di osservare come nel caso in esame non era in contestazione alcun profilo autoritativo, ma la legittimità della compensazione operata dal gestore, per cui la giurisdizione appartiene al giudice ordinario, secondo le linee indicate da Corte Cost. n. 204 del 2004, secondo cui le controversie relative a concessioni di pubblici servizi sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva, ad eccezione di quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi. Va da sé che appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia tra il gestore del servizio energetico e il soggetto privato produttore di energie rinnovabili, ogni qual volta la materia del contendere non riguardi le tariffe, né la materia della loro quantificazione, né la concessione degli incentivi, ma soltanto l'inadempimento contrattuale, peraltro neppure negato in relazione al 2018 dal gestore (come sottolinea anche la Procura generale nelle sue conclusioni) che ha soltanto rappresentato di aver pagato a sua avviso in eccesso nel 2011 e di aver trattenuto le somme richieste dal privato in riferimento al 2018, in compensazione di quelle precedentemente versate in eccedenza. Secondo i Giudice di legittimità, quindi, la controversia appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, cui va rimessa la causa per la celebrazione del giudizio di merito ed anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.
Data:29 Settembre 2021
È COMPITO DELL'ASSEMBLEA CONDOMINIALE CONTROLLARE LA REGOLARITÀ DEGLI AVVISI DI CONVOCAZIONE E DARNE CONTO TRAMITE VERBALIZZAZIONE
La vicenda in esame trae spunto dall’iniziativa giudiziaria avviata dal condominio attore che conveniva in giudizio l'amministratore in quanto – a suo dire - responsabile ai sensi dell'art. 1710 c.c., stante la circostanza per la quale, con la propria condotta negligente e consistente nel convocare irregolarmente i condomini, avesse causato l'annullamento della delibera con conseguente condanna del Condominio in sede giudiziale. Con comparsa di costituzione e risposta si costituiva in giudizio l’amministratore, il quale chiedeva il rigetto della domanda e, in subordine, la manleva da parte della propria assicurazione in caso di sua eventuale condanna risarcitoria. Il medesimo, in particolare, eccepiva l'infondatezza dell'avversa pretesa atteso che – a suo dire –per un verso, non sussistesse interesse ad agire, non risultando l'avvenuto pagamento dell'importo da parte del Condominio; per altro, sulla scorta dell’assunto per il quale “l'annullamento di una delibera assembleare a seguito di ricorso non presuppone necessariamente un errore dell'amministratore condominiale, il quale aveva peraltro agito conformemente alle istruzioni ricevute, effettuando la convocazione tramite consegna presso l'ufficio del ...., marito della ......”